Banca e Finanza

Question Time

34  26 Febbraio 2019 0

Francesco Rampone – Associazione Blockchain Italia

Domanda: Le criptovalute possono essere considerate mezzo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie ai sensi dell’art. 1278 c.c. che recita: “Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento”
Risposta: Non c’è dubbio che l’art. 1278 c.c., scritto ben prima dell’avvento delle criptovalute, faccia riferimento a “moneta” intesa come denaro emesso da uno Stato estero. In tale prospettiva, questa disposizione non può applicarsi alle criptovalute. Tutto ovviamente dipende da cosa intendiamo per denaro (moneta, come dice la norma – rinvio al mio intervento in questo convegno “Le criptovalute, sono denaro?”). Intorno a tale termine si discute non solo l’applicazione dell’art. 1278 c.c., ma di innumerevoli altre questioni finanziarie relative all’applicazione di innumerevoli leggi e regolamenti, in tutto il mondo.

Domanda: Se il denaro nasce come denaro scrittura che poi diventa denaro contante, crede che anche le criptovalute circoleranno in futuro in formato fisico?
Risposta: Il processo di “reificazione”, ovvero il processo dal denaro scritturale-digitale al denaro contante, si è verificato già oggi anche per le criptovoatute. Esistono monete metalliche che incorporano un credito espresso in bitcoin. Casascius è l’esempio più noto ( https://www.crypto-news.net/physical-bitcoins-explained/ ).

Domanda: Quali potrebbero essere le caratteristiche della criptovaluta che si affermerà maggiormente ?
Risposta: Nel lungo periodo, le caraterrisitche per cui si imporrano le criptovalute sono le stesse per cui oggi si impogono le valute nazionali: la credibilità di chi emette quelle valute. Per esempio, i bitcoin sono emessi in esecuzione di un protocollo energivoro e fine a sé stesso (la risoluzione di un quiz via via più difficile), completamente a prescindere quindi dai fini di impiego. Per tale motivo ritengo che non diventeranno mai una moneta a corso diffuso (tutt’al più un bene rifugio). Ritengo che altre criptovalute, se emesse per finanziare determinate attività di sviluppo e ricerca scelte su consenso del network (ad esempio monete emesse in ICO), avranno successo e potranno imporsi, ciascuna in uno specifico settore.

 

Pietro Speroni di Fenizio – Università degli Studi “G. D’Annunzio”

Domanda: Quali potrebbero essere le caratteristiche della criptovaluta che si affermerà maggiormente ?
Risposta: Difficile sapere quali saranno le caratteristiche necessarie perchè una criptovaluta si affermi. Sicuramente scalabilità, sicurezza e usabilità dovranno essere presenti. Sia i Bitcoin che Ethereum si sono scontrati, per esempio, con i limiti della scalabilità. Bitcoin l’ha risolto brillantemente attraverso Lightning Network. Mentre per Ethereum le soluzioni sono ancora ipotizzate e teorizzate. Se Ethereum dimostrasse di non poter scalare questo aprirebbe le porte ad altre criptovalute programmabili che per ora hanno una posizione di secondo piano. Ma poi c’è un discorso diverso da fare, le criptovalute non sono solo in competizioni tra di loro, ma anche con altre soluzioni meno distribuite, ma a volte, forse per questo, più efficienti.I Bitcoin, la prima criptovaluta, non sono una soluzione distribuita perchè “è carino”. È stata adottata una soluzione distribuita perchè se non lo fosse stato sarebbe stato un progetto fermato dagli stati sovrani; perchè in diretta competizione con una loro funzione fondamentale: il potere di batter moneta. Allo stesso modo “Torrent” è distribuito come tentativo di distribuire la cultura in maniera incontrollata e non sottoposta alle leggi del copyright. Creare soluzioni distribuite a problemi esistenti è utile solo nella misura in cui le soluzioni attuali non sono percorribili. Una soluzione distribuita è in genere più sicura, ma più lenta e inefficiente (!), di una equivalente soluzione centralizzata. Quindi un’altra caratteristica perchè una criptovaluta si affermi è che deve risolvere un problema che non veniva soddisfacemente risolto con soluzioni centralizzate.

Domanda: Le Blockchain private non legate dalle criptovalute possono avere una loro utilità? Cosa ne pensa a riguardo? Inoltre, cosa accadrà secondo Lei quando il numero di Bitcoin sarà arrivato al limite previsto dal White paper di Satoshi Nakamoto?
Risposta: Devo ammettere ho delle serie difficoltà nel riconoscere l’utilità delle blockchain private. Ma si tratta di certo di un limite personale. Non sto facendo dell’ironia, e sono estremamente serio. La blockchain è una soluzione estremamente ingegnosa, e i possibili utilizzi vanno di certo al di là di quelli suggeriti dal suo creatore. Io però non li vedo per ora. Ci sono di certo delle forti diffocoltà che dovranno essere superate per usare una blockchain non legata a una criptovaluta: se non c’è un valore nel “minare” i nuovi blocchi, perchè le persone dovrebbero farlo. Se le sole persone che lo fanno sono le persone di un’organizzazione si rischia che un’organizzazione avversa riesca a sovvertirla usando i propri elaboratori. Qui vediamo, per esempio, la decisione di Singapore di usare la rete di Ethereum per i token del suo dollaro perchè considerata più sicura.
Quando si fa una transazione in bitcoin, si paga sempre una piccola commissione. Commissione libera, ma che più è alta più invoglia i minatori a voler prendere un carico la transazione nel blocco che stanno stampando. Ogni 10 minuti i minatori scrivono un nuovo blocco risolvendo un problema matematico. E chi lo risolve guadagna alcuni nuovi bitcoin stampati ex novo e le commissioni. Quando il valore dei bitcoin stampati si approssimerà a zero, resterà il guadagno delle commissioni. L’unica differenza è che adesso alcuni minatori a volte stampano dei blocchi vuoti per essere più veloci. E questa soluzione non sarà più possibile, quindi il sistema sarà ancora più efficiente.

Domanda: Ho letto che l’intera rete Bitcoin ha un consumo energetico pari a quello di nazioni come la Svizzera. Quanto è sostenibile questa valuta, considerando che il mining ha un costo energetico che si sta avvicinando al premio corrispondente ?
Risposta: Quello che dice è purtroppo vero. Il consumo energetico dei bitcoin è approssimabile al costo che pagheremmo se dovessimo comprare tutti i nuovi bitcoin (e le commissioni) al prezzo più basso dell’energia attorno al mondo. Ogni 10 minuti circa si stampano 12.5 bitcoin. Ogni bitcoin vale adesso circa 3404 euro. Vuol dire che ogni 10 minuti la rete compete per vincere 42550 euro (più il valore delle commissioni). Se i minatori spendessero meno di questi soldi in media, avrebbero un incentivo a aumentare la loro potenza di calcolo e usare più energia. Se spendessero di più, avrebbero un incentivo a cambiare mestiere (diminuendo la potenza di calcolo adoperata e semplificando il problema per tutti). Quindi il sistema tende a bilanciare l’energia usata con il valore dei bitcoin stampati. 42’550 euro di energia in 10 minuti sono 255’300 euro all’ora, 6’127’200 euro al giorno (6.12M al giorno), 2,236,428,000 euro all’anno (2236 M all’anno). Cosa succederebbe se il prezzo dei bitcoin salisse? Non sono un economista ma mi sembra che la competizione si farebbe più costosa; il premio aumenterebbe e i minatori sarebbero disponibili a consumare ancora più energia. Ma dove si concentrerebbero questi nuovi investimenti? Ovviamente nei luoghi dove l’energia costa di meno e dove il raffreddamento delle macchine costa di meno, aumentandone il prezzo localmente. Quindi l’effetto dei bitcoin sul sistema energetico mondiale è di aumentare il prezzo dell’energia nei posti dove costa di meno. Uno dei problemi dell’energia è che ha un alto costo di trasporto. Per esempio l’Islanda ha tanta energia a basso prezzo. Ma vendere energia a nazioni in cui l’energia costa di più è complicato e costoso. Per questo l’Islanda usa l’energia per lavorare l’aluminio, di fatto vendendo l’energia sotto forma di barre di alluminio. Potrebbe venir fuori che il minare bitcoin rappresenti un’ottima forma di vendita dell’energia per una nazione con energia a bassio prezzo sul mercato globale. Quindi possiamo dire che:
1) il costo dell’energia prodotta dai bitcoin è dell’ordine del valore del premio che ricevono i minatori
2) Questa produzione tende a concentrarsi dove l’energia è poco costosa
3) Al crescere del valore dei bitcoin cresce il premio e dunque l’uso di energia
4) Questo tende ad alzare il prezzo dell’energia nei posti del mondo dove costa di meno tendendo ad equalizzare il prezzo dell’energia mondialmente
5) Può essere visto come un modo di vendere energia a basso prezzo da nazioni che ce l’hanno a nazioni che non ce l’hanno
6) tutto questo tende ad aumentare il prezzo dell’energia, che a sua volta tende a diminuirne l’uso mondialmente. Quindi nel lungo periodo il sistema si bilancia e i bitcoin diventano un modo per vendere energia a basso prezzo senza costi di stoccaggio.

Domanda: Riusciranno i nuovi algoritmi come la Proof-of-Stake a risolvere questo problema o sono un miraggio ?
Risposta: Purtroppo sull’argomento non sono abbastanza esperto; alcune cose si possono dire. Forse una mixed solution in cui un blocco viene scritto da dei minatori e un blocco dai masternode, come fa Dash potrebbe rappresentare una diminuzione del costo energetico mantenendo una sicurezza accettabile. Di fatto ogni diminuzione nel premio dei minatori si trasforma in una diminuzione nell’energia consumata, ma anche in una diminuzione della sicurezza. Per esempio recentemente Ethereum Classic è stato vittima di un double spending attack proprio perchè il valore di quella moneta era troppo basso per pagare abbastanza minatori da mantenere la moneta sicura. La ricerca del bilanciamento ottimale tra sicurezza e costi energetici è comunque uno dei grossi problemi che la comunità sta cercando di risolvere.

 

Sabrina Galmarini – La Scala Società tra Avvocati

Domanda: I Security Tokens devono seguire le norme e regolamentazioni solo del paese dove risiede l’acquirente o anche del paese relativo al titolo acquistato?
Risposta: I Security Token devono rispettare le regole di entrambi i Paesi. Le norme rilevanti potrebbero addirittura riguardare aspetti e tematiche differenti. Certo il Pese in cui il Security Token è offerto (e quindi dove risiede l’acquirente) rileva per gli aspetti della eventuale sollecitazione all’investimento, con tutto ciò che ne consegue in termini di tutela dell’investitore. Il Paese in cui è stato emesso il Security Token avrà rilevanza per tutti gli aspetti connessi all’esercizio dei diritti connessi al cryptoasset.

 

Daniele Majorana – Fantozzi&Associati Studio Legale Tributario

Domanda: E’ ipotizzabile che i token verranno trattati fiscalmente come vere e proprie Proprietà (quindi proprietà che passano da un venditore ad un acquirente conosciuti)?
Risposta: Certamente. Già ora Il titolare dei token può trasferirli a terzi, a fronte di un corrispettivo in valuta corrente o valuta virtuale.

Domanda: Come inquadra fiscalmente i Security Token intesi come strumenti finanziari atipici e non convalidati dalla SEC?
Risposta: Si ritiene che gli utility token costituiscano rapporti da cui deriva il diritto di acquistare a termine (quando sarà disponibile) il prodotto o il servizio e, pertanto, sono suscettibili di generare un reddito diverso di natura finanziaria (art. 67, comma 1, lettera c-quater, del TUIR) da indicare nel quadro RT del Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26 per cento.

 

Fabrizio Vedana – Unione Fiduciaria

Domanda: Dal lato Banca secondo Lei come deve comportarsi tale soggetto obbligato AML a proposito delle criptovalute verso exchange che sono situati in Paesi in cui non è presente alcuna normativa AML? Devono vietare l’operazione o basta una SOS? Inoltre: Lei pensa come me che in realtà la normativa AML disciplina solo la punta dell’iceberg, ovvero gli exchange regolamentati, rispetto al mare Magnum di exchange non regolamentati e anche alle transazioni Wallet to Wallet?
Risposta: Vedo difficile per la banca vietare il bonifico verso il conto dell’exchanger in assenza di espresse restrizioni da parte delle pubbliche autorità. Allo stato la SOS appare essere l’unico, vero, strumento a disposizione della banca. Concordo sul fatto che allo stato attuale la normativa antiriciclaggio è troppo scarna. La quinta direttiva, alla luce anche delle recenti indicazioni del GAFI, dovrebbe aumentare il livello di presidio del rischio di riciclaggio.

Domanda: Quanto il valore delle criptovalute anonime è direttamente collegato alla possibilità di eludere il fisco o di effettuare delle operazioni normalmente proibite in mercati strettamente regolamentati?
Risposta: Le criptovalute potrebbero, in effetti, essere utilizzate da privati e/o aziende per regolare una quota parte del pagamento di corrispettivi dovuti in base a contratti o impegni di altra natura sfuggendo, potenzialmente, alla relativa tassazione. L’amministrazione fiscale italiana sta, anche per questo, cercando di portare alla luce la detenzione di e-wallet o conti in criptovalute attraverso exchanger mediante l’introduzione di obblighi dichiarativi ai fini della normativa sul monitoraggio.

 

Chiara Verderio – Tangram Technologies

Domanda: Effettuate anche la transcodifica di live streaming ? Se sì, come avete risolto i problemi collegati alle performance in tempo reale?
Risposta: Tangram per ora è stata disegnata come piattaforma per VOD, che comunque rappresenta la parte sostanziale del video streaming (80%). Possibili evoluzioni riguardano lo storage e solo in un secondo momento il video live, i cui problemi tecnici non sono ancora stati affrontati.