Roberto Candusio
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28 aprile 2019
Da un’indagine della Società Deloitte condotta nel 2018 su oltre 500 responsabili acquisti di 39 paesi (Global CPO 2018), risulta che solo il 6% degli intervistati ha la piena visibilità dell’intera catena di approvvigionamento, mentre il 65% dispone di una visibilità limitata o praticamente nulla al di fuori dei fornitori di primo livello. Come risulta inoltre da varie indagini, la maggioranza dei CIO individua nella visibilità della Supply Chain, l’area di processo di digitalizzazione in grado di apportare i maggiori benefici.
Di fatto, molte multinazionali considerano l’efficientamento della Supply Chain come una delle principali leve in grado di garantire un vantaggio competitivo, tanto che società che presentano i migliori risultati in termini di EBIT, hanno posizionato la governance della Supply Chain a livello di board o comunque ai massimi livelli direttivi.
La Supply Chain è per sua natura un’area di processo estremamente complessa che prevede una serie quasi infinita di possibili variazioni. Infatti, una qualunque società che operi a livello globale dispone di molteplici siti di produzione che hanno la necessità di interagire in tempo reale con migliaia di fornitori e con svariati centri di distribuzione sparsi in tutto il mondo. Per comprendere la complessità dei processi che queste aziende devono gestire, basti pensare alla logistica, dove una singola spedizione di merci attraverso i continenti, può richiedere centinaia di singole transazioni e generare un imponente flusso di dati e di documenti.
Attualmente la maggioranza delle aziende con produzioni complesse e che si approvvigionano da svariati fornitori sparsi in tutto il mondo, si avvalgono di processi altamente frammentati ed inefficienti e sono costantemente alle prese con le problematiche relative alla tracciabilità e alla gestione della qualità dei componenti.
Per quale motivo la maggioranza delle aziende, nonostante gli ingenti investimenti non riesce a centrare l’obiettivo di rendere efficiente la propria Supply Chain?
Quasi tutte le aziende dispongono di un controllo dei propri assets quali le attrezzature, i macchinari, la proprietà intellettuale, la gestione delle risorse, la documentazione tecnica e così via, altamente centralizzato e hanno pertanto la necessità di sincronizzare i dati sia con le varie unita’ di produzione e stoccaggio interne che con quelle dei propri fornitori.
Nel tentativo di migliorare i processi della loro Supply Chain, queste aziende investono quantità ingenti di denaro nello sviluppo e ammodernamento delle loro soluzioni basandosi però sulle esistenti architetture di tipo centralizzato. Ma come detto in precedenza, nella Supply Chain sono coinvolti nel processo numerosi attori interni ed esterni e di conseguenza tale approccio è insufficiente a risolvere i problemi. D’altra parte, anche l’implementazione di interfacce tra i vari sistemi risulta essere difficilmente praticabile per una serie oggettiva di motivi quali, ad esempio, la diversità dei sistemi informatici, la disponibilità di risorse e competenze presso i partner esterni, il numero e la rotazione stessa dei fornitori. È quindi ovvio che l’utilizzo di un’architettura basata unicamente su sistemi centralizzati, non possa essere in grado produrre i risultati auspicati.
Per quanto questo possa sembrare assurdo, ancora oggi la maggior parte delle aziende, nel tentativo di efficientare la loro Supply Chain, a causa dell’attuale scarsa dimestichezza con le tecnologie decentralizzate, continua a dilapidare enormi quantità di denaro al fine di manutenere e sviluppare una pletora di processi e soluzioni complessi e di difficile manutenibilità’.
Qual è quindi la soluzione a questo dilemma?
L’unico modo che le aziende hanno per uscire da questo vicolo cieco, è quello di includere nella propria strategia IT un processo di transizione da un’architettura esclusivamente centralizzata ad una che includa soluzioni decentralizzate.
Tuttavia, questa fondamentale trasformazione, anche per le aziende più strutturate e dinamiche è alquanto complessa da realizzarsi in quanto non impatta unicamente sull’architettura IT, ma richiede un profondo cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione, la disponibilità di nuove competenze e un profondo ripensamento dei processi.
La tecnologia blockchain è prevalentemente nota per le sue applicazioni nel settore finanziario, ma può essere utilizzata con successo in tutti quei modelli di business che necessitano di uno scambio di informazioni trasparente, efficiente e sicuro tra individui o organizzazioni mosse da interessi potenzialmente contrastanti. La Supply Chain in questo ambito è sicuramente uno dei casi d’uso più comuni ed universamente adottati da aziende appartenenti ai più disparati settori industriali.
In che modo la blockchain può essere la risposta ai bisogni della Supply Chain?
I continui avanzamenti tecnologici nell’area della “Advanced Manufacturing”, nella scienza dei materiali, la robotica, l’intelligenza artificiale e Machine Learning, e la stampa 3D ci hanno di fatto proiettato nella quarta rivoluzione industriale. Tuttavia, nessuna di queste tecnologie da sola può contribuire a migliorare l’efficienza della Supply Chain più della Blockchain.
La Blockchain consente di rendere tracciabile il trasferimento di assets di varia natura lungo l’intera catena di distribuzione, in modo efficiente, trasparente e sicuro, eliminando gli sprechi e prevenendo le possibili frodi. L’utilizzo di questa tecnologia è in grado di generare valore in svariati modi:
- Aumentando il livello di fiducia tra le parti grazie alla visibilità delle informazioni in tempo reale.
- Migliorando l’efficienza e consentendo la gestione del just-in-time.
- Migliorando la tracciabilità degli assets (fisici e non) lungo l’intera catena, grazie alla registrazione cronologicamente ordinata e verificata di ogni singola transazione.
- Migliorando il processo di controllo di qualità dei componenti e l’assegnazione delle relative documentazioni e certificazioni.
- Migliorando la sicurezza e l’affidabilità nell’intero processo.
- Riducendo i costi nell’area IT, eliminando la necessità di complesse soluzioni per l’integrazione e sincronizzazione delle informazioni.
Quali sono le tipologie di blockchain che meglio rispondono alle esigenze della Supply Chain?
In molti casi vincoli di natura normativa indirizzano la scelta verso soluzioni blockchain di tipo “privato” con un accesso controllato dei partecipanti alla rete mediante processi di registrazione ed autorizzazione. Esistono tuttavia molti esempi di progetti in area Supply Chain dove l’utilizzo di blockchain “pubbliche”, ovvero ad accesso libero può risultare la scelta più idonea.
A seconda del caso d’uso e delle specifiche esigenze, vi sono diverse tipologie di blockchain e svariate possibili opzioni tra le poter scegliere.
Se ad esempio un’azienda si prefigge l’obiettivo di migliorare la tracciabilità attraverso l’intera catena di distribuzione con i propri fornitori e distributori, prenderà in considerazione una blockchain di tipo “Permissioned” che preveda un accesso controllato alle transazioni sia in scrittura che in lettura.
Nel caso in cui invece la stessa azienda decidesse di rendere trasparente la propria catena di produzione al fine di garantire l’autenticità, la provenienza e la qualità del proprio prodotto al Cliente finale, tenderà ad utilizzare invece una Blockchain “Permissionless” ove chiunque possa accedere in lettura alle transazioni registrate sulla blockchain.
Quali sono le blockchain la cui architettura meglio si adatta alle necessità della Supply Chain?
Premesso che la tecnologia della blockchain, essendo in buona parte ancora in fase sperimentale, è in continua trasformazione, a titolo puramente informativo e senza pretese di esaustività si citano di seguito alcune tra le blockchain maggiormente utilizzate o comunque con un’architettura focalizzata a soddisfare le esigenze specifiche della Supply Chain:
Per quanto riguarda la tipologia “Permissioned” è sicuramente da citare Hyperledger. Si tratta di un progetto open source sviluppato dalla “Linux Foundation” della quale fanno parte società leader nel loro settore quali IBM, SAP, Oracle, Cisco, Samsung, Hitachi e molte altre. Hyperledger è in grado di soddisfare un’ampia gamma di casi d’uso per le industrie anche qualora vi siano vincoli di conformità molto stringenti. Inoltre, Hyperledger (Fabric) è disponibile come soluzione BaaS (Blockchain as a Service) su alcune piattaforme Cloud tra le quali AWS (Amazon Web Services) e SAP Cloud Platform.
Tra tutte le blockchain di tipo “Permissionless”, dopo Bitcoin, Ethereum è sicuramente la più popolare. Quantunque afflitta da innumerevoli problemi tecnici e di governance, Ethereum rimane un punto di riferimento nell’area della blockchain È infatti tuttora ampiamente utilizzata per risolvere molteplici esigenze di business anche da grandi società di consulenza informatica quali, ad esempio, EY.
R3 Corda è un’altra soluzione open source con una buona interoperabilità e facilità di integrazione con i sistemi “legacy”. Si tratta anche in questo caso di una blockchain “Permissioned” ove l’accesso ai dati può essere facilmente limitato a determinati nodi, in base alle specifiche esigenze. Benché fosse inizialmente stata progettata per il settore finanziario, si adatta benissimo a molti altri casi di uso trai quali la Supply Chain.
Vi sono poi numerose start-up e progetti affermati che si sono focalizzati sulla Supply Chain. Tra questi VeChain che è una blockchain pubblica sviluppata in Cina che vanta collaborazioni con produttori di automobili, quali la BMW e la Renault, di assicurazione come DNV GL e utilizzata da società di consulenza del calibro di PWC. Ma vi sono molti altri esempi da poter citare quali Waltonchain nell’IoT, Syncfab focalizzata nell’area del “Manufacturing” e Blockverify nella anticontraffazione. Ed ancora: Everledger, Openport, Origintrail, Provenance, Shipchain, Ambrosus e molte altre ancora.
Conclusioni
In conclusione, non esiste un’unica soluzione in grado di soddisfare in maniera puntuale e senza compromessi tutte le esigenze, bensì occorre scegliere caso per caso la soluzione che sembra rispondere meglio ai requisiti accettandone limitazioni e rischi.
Quantunque la definizione della tecnologia da implementare, sia solo l’ultimo step della fase di preparazione di un progetto, tale decisione è comunque molto difficile e rischiosa, ragione per cui è essenziale disporre delle giuste competenze in materia, ma soprattutto occorre aver effettuato una scrupolosa analisi dei bisogni e delle motivazioni che hanno portato alla decisione di utilizzare la tecnologia blockchain.